Domenica 16 febbraio
μακ?ριοι (makarioi), tradotto “beati”, significa effettivamente “felici”. Pensa solo che i greci indicavano con questo termine il senso di felicità propria degli dei, imperturbabili rispetto alle cose del mondo. Anche gli uomini potevano sperimentarla, nella forma di una morte serena (definita appunto makaria), vista sempre come benedizione divina. Felicità è, allora, saper rimanere vivi nel proprio morire, restare saldi nel proprio zoppicante camminare. Felicità non è togliere la parola povertà, fame, pianto, persecuzione, ma avere il coraggio di trovare parole per raccontare tutto questo.
Lc 6,20-26
In quel tempo, Gesù, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva: «Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi, che ora piangete, perché riderete. Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti. Ma guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione. Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi, che ora ridete, perché sarete nel dolore e piangerete. Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti».